L'esposizione nel trattamento cognitivo comportamentale dell'ansia
Nel trattamento cognitivo-comportamentale dei disturbi d'ansia si fa spesso uso di tecniche di esposizione. L'esposizione può differire per forma e contenuto.
Una prima forma di esposizione è quella che avviene in immaginazione, in essa si chiede alla persona di visualizzare mentalmente la scena che genera ansia.
Gli esercizi prevedono la creazione di una scala di situazioni ansiogene che verranno affrontate poi in immaginazione partendo dalla meno disturbante.
Una seconda forma di esposizione prevede lo svolgimento di simulate in studio.
L'ambiente protetto della seduta permette al paziente di sperimentarsi in diversi ruoli e situazioni (es. un colloquio di lavoro, una interazione con il capo ecc..)
Una terza forma di esposizione è quella che avviene in vivo, ovvero proprio nella condizione reale che il paziente teme.
La presenza del terapeuta e la conoscenza delle tecniche apprese nel corso del training permettono alla persona di fare un'esperienza correttiva che l'aiutarà a superare la sua ansia.
L'esposizione, come abbiamo accennato, oltre che per la forma, può variare per il contenuto.
Essa può infatti essere indirizzata a: sensazioni corporee indesiderate, emozioni, comportamenti, pensieri non voluti, luoghi, persone, animali, oggetti.
Nella realtà ci si espone sempre a un mix di questi elementi, tuttavia può essere realizzato un intervento focalizzato su uno di essi.
Vediamo ora in che modo l'esposizione viene adottata nei più diffusi disturbi d'ansia.
L'esposizione permette a chi soffre di attacchi di panico di abituarsi a quelle sensazioni spaventose che il panico induce: giramenti di testa, dolori al petto, tachicardia, aumento della sudorazione ecc..
Allenandosi ad attivare queste risposte emozionali la persona imparerà a riconoscere le proprie sensazioni corporee ed emozioni accettando di sperimentarle senza il bisogno di attivare quelle interpretazioni catastrofiche e quei tentativi di ipercontrollo che alimentano il panico.
Oltre all'esposizione alle sensazioni corporee chi soffre di attacco di panico viene esposto, nel corso di una terapia cognitivo comportamentale, ai pensieri catastrofici che alimentano la paura.
Gli attacchi di panico portano di solito all'agorafobia, cioè alla paura di trovarsi in situazioni dalle quali è difficile fuggire in caso di attacco di panico. Spesso la persona inizia infatti a evitare di andare su pulman, metro, autobus, al cinema, ai piani alti dei palazzi, in luoghi isolati ecc..
Nel caso dell'agorafobia l'esposizione, in immaginazione o in vivo, consisterà nel tornare nei luoghi che si evitano in modo da densensibilizzare il proprio cervello all'attivazione di risposte di paura ad essi associate.
Anche per altre forme di fobie la procedura è la stessa, si espone la persona al contatto con l'oggetto o la situazione fobica.
L'esposizione per il disturbo ossessivo compulsivo è la pratica principale del programma cognitivo comportamentale evidence based* (ovvero verifica da enti di ricerca scientifici internazionali) per il trattamento di questo disturbo.
Chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo è assillato da pensieri e immagini disturbanti, come conseguenza, si ritrova a mettere in atto una serie di comportamenti (compulsioni) al fine di ridurre l'ansia.
In alcuni casi questi comportamenti finiscono per occupare buona parte della giornata, oltre a causare un aumento nella frequenza di quegli stessi pensieri che la persona voleva evitare.
La terapia cognitivo comportamentale per il disturbo ossessivo compulsivo fa seguire all'esposizione (ai pensieri e alle situazioni temute), la prevenzione dell'esecuzione dei comportamenti compulsivi.
Ad es. si richiede alla persona che ha ossessioni di contaminazione di toccare una superficie impolverata senza mettere successivamente in atto i comportamenti ripetuti di lavaggio.
Il disturbo post traumatico da stress si presenta in seguito all'esperienza personale di un evento traumatico che ha come vittima la persona stessa o altri a lei vicini.
Alcuni eventi che possono provocare l'insorgenza di questo disturbo sono: combattimenti militari, aggressioni personali violente, prigionia, disastri naturali, incidenti automobilistici, diagnosi di malattie minacciose per la vita.
I sintomi caratteristici comprendono, il rivivere continuamente l'evento traumatico, l'ottundimento della reattività generale e sintomi costanti di aumento dello stato di attivazione dell'organismo.
I sintomi che emergono nel DPTS sono dovuti al perdurare di una serie di difese che il nostro cervello mette in atto quando ci troviamo di fronte a un evento traumatico.
Chi ha vissuto in prima persona un trauma racconta di aver provato durante l'evento un senso di estraneamento, di distacco dal corpo o di blocco emozionale.
Si tratta di una sorta di interruttore automatico (salva vita) presente nel nostro cervello che scatta togliendo (metaforicamente) la corrente se l'intensità dell'emozione è troppo elevata.
Questo fenomeno è noto in psicologia come dissociazione, termine che rende ragione della perdita di connessioni tra il ricordo di comportamenti, pensieri, emozioni e situazioni.
L'esposizione permette il recupero e la reintegrazione di quelle memorie emozionali che la nostra mente ha difensivamente dissociato dall'esperienza traumatica. Solo in questo modo sarà possibile superare il DPTS.
L'ansia sociale è caratterizzata dalla paura di affrontare situazioni sociali che possono creare imbarazzo e dall'attivazione di risposte ansiose in risposta ad esse.
L'esposizione nell'ansia sociale, è uno strumento di fondamentale importanza per modificare le aspettative e convinzioni relative al giudizio degli altri.
A questa tecnica è possibile associare una ristrutturazione cognitiva
e un'esposizione ai pensieri e alle sensazioni fisiche dell'ansia.
*Per chi volesse approfondire ulteriori informazioni sui trattamenti evidence based rimando a un post precedente.
Dott. Enrico Parpaglione psicologo a Torino
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