La deprivazione affettiva
Mario ha 45 anni e svolge la professione di avvocato. Nella vita privata ha una compagna da alcuni anni ma non la vede spesso poichè
passa gran parte del suo tempo a lavoro.
A volte gli sembra di lavorare così tanto per riempire uno strano vuoto che sente dentro di sè.
Nei rari momenti della sua vita in cui non è impegnato si sento solo e incompreso. La sua attuale compagna, come quelle precedenti, non lo aiuta poichè non è solita esprimere le emozioni che prova per lui nè a parole nè con il contatto fisico.
Mario, dal canto suo, non è in grado di esprimerle il proprio bisogno di manifestazioni di affetto.
La convinzione profonda di Mario è quella di non essere "amabile" da nessuno, di non meritare affetto e contatto umano.
Lo schema profondo che, al di fuori della consapevolezza, guida l'esistenza di Mario è quello della "deprivazione affettiva".
La madre di Mario, era spesso depressa quando lui era piccolo e non gli mostrava affetto nè lo aveva mai preso in braccio per coccolarlo.
Lo schema della deprivazione affettiva è molto diffuso ma al contempo poco appariscente. Chi ha sviluppato questo schema spesso si sente depresso o triste ma non comprende bene per quale motivo.
Si tratta di uno schema che spesso si trova accoppiato a quello del "sacrificio di sè" che abbiamo affrontato in un articolo precedente su questo blog.
Si può manifestare qualora la persona abbia vissuto nel corso dell'infanzia, persistenti carenze di contatto fisico, empatia o protezione da parte delle figure genitoriali.
Dott. Enrico Parpaglione psicologo a Torino
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