Depressione, ansia e distorsioni cognitive
Nei post passati abbiamo affermato che non sono gli eventi in sè a determinare le nostre risposte emotive. Ciò che determina la nostra reazione emozionale è infatti l’ interpretazione che diamo agli eventi.
In questo senso mi è sembrato utile descrivere in questo post quelli che gli psicologi di approccio cognitivo-comportamentale chiamano ragionamenti erronei o distorsioni cognitive.
Con distorsione cognitiva intendiamo una rappresentazione della realtà che risulta essere poco plausibile oltre che poco funzionale.
Nel corso della nostra vita, tutti noi tavolta interpretiamo ciò che ci accade in modo parziale, mettendo in atto distorsioni cognitive.
Tuttavia, nelle persone cronicamente depresse o ansiose, le distorsioni cognitive diventano uno stile cognitivo, ovvero una sorta di lente che distorce il modo con cui viene vista la propria esperienza.
Elenchiamo qui di seguito le più note distorsioni cognitive che ha individuato Beck:
Pensare in modo dicotomico consiste nel ritenere che nella vita se non si ottiene tutto non si otterrà nulla. Se vediamo il mondo attraverso il pensiero dicotomico penseremo che non ci siano vie di mezzo tra successi e insuccessi.
Quando generalizziamo partiamo da un caso particolare dandogli una valenza universale.
Ciò è possibile usando parole come “sempre”, “mai”, “tutto”, “niente” ecc.. Stiamo generalizzando quando qualcosa non va per il verso giusto e diciamo a noi stessi: “tutta la mia vita è un fallimento”.
Filtrare la realtà significa soffermarsi solo sugli aspetti negativi. Questa modalità di pensiero si abbina facilmente alla generalizzazione.
La svalutazione avviene quando consideriamo i nostri successi insignificanti e li interpretiamo come “fortunosi” o “immeritati”.
La personalizzazione si attua attribuendo unicamente a se stessi la colpa di un insuccesso per il quale potrebbero essere rintracciate molteplici cause.
“E’ tutta colpa mia se nell’azienda gli affari stanno andando male”.
La catastrofizzazione avviene quando si ritengono le conseguenze delle nostre azioni come terribili e catastrofiche.
Nella sopravvalutazione delle probabilità degli eventi negativi tendiamo a pensare che gli eventi spiacevoli possano avvenire con molta più probabilità di quella reale.
Es. potremmo sovrastimare la probabilità di avere un incidente automobilistico.
Con il giudizio in base alle emozioni riteniamo che i sentimenti che proviamo siano indicatori precisi di ciò che sta accadendo intorno a noi.
Es. proviamo tristezza e riteniamo che le cose a lavoro stiano andando male.
Nel saltare alle conclusioni si considerano i problemi in modo superficiale giungendo repentinamente a conclusioni negative.
Con l’interpretazione si attribuiscono pensieri o atteggiamenti ad altre persone senza chiedere conferme della propria ipotesi.
Spesso si associa ad un’eccessiva attenzione per il giudizio altrui.
“Se non mi ha chiamato è perchè avrà pensato che non sono adatta a lui”.
La previsione avviene quando si pensa di poter conoscere già prima come le cose andranno a finire “tanto so che andrà male”.
Ponendo eccessiva attenzione al passato tenderemo a soffermarci su errori passati e bloccheremo la nostra possibilità di cambiamento.
Infine l’etichettamento di sè (“sono fatto così”) è un modo con cui possiamo bloccare la nostra maturazione evitando nuovi apprendimenti che disconfermerebbero questa nostra credenza.
In questo post mi è sembrato utile descrivere brevemente le principali distorsioni cognitive. Conoscere queste modalità di pensiero ci permette di comprendere e gestire meglio il nostro malessere che talvolta può essere causato proprio da un’interpretazione poco plausibile e funzionale della nostra esperienza.
Dott. Enrico Parpaglione psicologo a Torino
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