Il coraggio di sognare e i ladri di sogni
Alberto ha 19 anni e si iscrive alla facoltà di lettere perchè sogna di diventare insegnante. I genitori e gli amici lo sconsigliano, gli dicono che non troverà lavoro, che la sua non è una buona scelta.
Gli prospettano scenari catastrofici. Inizialmente queste affermazioni lo irritano ma con il tempo, inizia a ritenere che abbiano ragione.
Durante l’università i genitori di Alberto continuano a ripetergli che non riuscirà a lavorare come insegnante, "non c’è lavoro, è inutile illudersi"...ormai queste parole non lo irritano più, le condivide ed è sempre più pessimista verso il futuro.
A 24 anni finisce l'università, è giovane ma si sente vecchio. Ha accantonato l'idea dell'insegnamento.
In precedenza chi stava intorno rapinava il suo sogno..ora invece è lui stesso a disfarsene non concedendosi la possibilità di realizzarlo.
Dentro di sè ha tanti "devo": “devo trovare subito lavoro, devo dimostrare agli altri che riesco a trovarlo, devo lasciar perdere i mie sogni...”
Alberto si rende conto che sta entrando in una gabbia costruita su misura per lui da altre persone ma non si sente abbastanza forte da rimanerne fuori. Questa gabbia è stretta, fredda, ma al tempo stesso dà sicurezza.
Ogni volta che gli torna in mente il suo sogno affiorano in lui pensieri come "cosa pensi di fare? L'insegnante? Ma non leggi i giornali? Non senti che non c'è lavoro? Per favore cercati un lavoro serio, concreto...non perdere tempo...rimarrai senza niente in mano”.
Questi pensieri lo portano ad accettare un impiego come operatore call center presso un’azienda di marketing. Il contratto è a tempo indeterminato, lo stipendio discreto.
A volte Alberto pensa che questa non è la sua strada...ma quando si dice "vorrei cambiare" viene sommerso nuovamente da pensieri come: “non c’è lavoro, che vuoi fare? Lasci un posto sicuro? Vuoi rimanere senza niente?” e così rinuncia a ogni possibile iniziativa.
Come accade spesso, la paura di perdere è più forte del desiderio di guadagnare: Alberto si ritrova bloccato in un lavoro che non gli piace ma che soddisfa il suo bisogno di "sicurezza" e soprattutto i bisogni di sicurezza altrui!
Passano due anni, Alberto si è abituato, le giornate si succedono rapide, una dopo l'altra, si sente come su una zattera che viene guidata dalla corrente, una zattera su cui non ha nessun controllo.
Per gran parte della giornata Alberto è in azienda, arriva a casa la sera con il solo pensiero di mangire e andare a dormire, non ha alcun progetto di crescita personale per il suo futuro.
Un giorno il capo lo chiama nel suo ufficio e gli dice: "apprezziamo il tuo impegno ma la nostra azienda si trova in brutte acque e non possiamo confermarti presso di noi”.
Alberto torna alla sua scrivania confuso, tutto gli sembra perdere di significato, la sua scrivania, il telefono, i colleghi...si sente fuori posto e a disagio.
Nei giorni successivi Alberto appare disorientato: è successo ciò che temeva, gli vengono in mente pensieri catastrofici, si vede a casa a non fare nulla e questo lo fa stare male.
Dopo la prima settimana l’ansia e i pensieri catastrofici diminuiscono e Alberto inizia ad osservare gli eventi da un altro punto di vista.
Gli altri hanno spezzato quelle catene nelle quali lui stesso si era imprigionato. Forse questa può essere la sua grande opportunità.
Inizia a sentirsi più libero, a scoprire ciò che gli era stato negato: il piacere di sognare, di superare limiti autoimposti. Ora che la vita che si era costruito per soddisfare bisogni altrui è miseramente fallita desidera soddisfare i propri bisogni di crescita e realizzazione personale.
Mi piace concludere questo post con una metafora che Carl Rogers, un educatore e psicologo umanista di straordinaria sensibilità impiegò per
descrivere la naturale spinta umana verso l'autorealizzazione.
Secondo Rogers possiamo immaginare la ricerca della nostra personale realizzazione come la ricerca della luce da parte di una pianta.
Anche se lasciata in un luogo ostile, con solo uno spiraglio di luce disponibile, la pianta, pur contorcendosi su se stessa si orienterà verso di esso.
Mi piace pensare che Alberto, dopo contorcimenti e deviazioni, abbia finalmente deciso di intraprendere la Sua strada per avvicinarsi a questo spiraglio di luce.
Nei prossimi post riprenderò il tema dei sogni...e del coraggio di sognare.
Dott. Enrico Parpaglione psicologo a Torino
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