5 commenti
Commento di: Paolo G Visitatore
Commento di: Massimiliano Barozzi Visitatore
La settimana scorsa nella scuola dei miei figli si è svolta una gara podistica. Al termine della gara ci sono state le premiazioni. I bambini premiati, oggi hanno dovuto restituire le coppe, perché le maestre e il comitato genitori composto da persone che non hanno mai svolto dello sport, le reputano non educative.
Io da sportivo sto male conoscendone il significato e penso ai bimbi che non hanno più il loro simbolo di vittoria. Pazzesco !
Hanno forse paura che non comprendano i valori di sconfitta e vittoria?
Vogliono eliminare l agonismo che è dentro di noi e soprattutto nei bambini che ce la mettono tutta?
Li vogliono tutti poeti?
Mi aiuti a far capire che la coppa è importante e che nella vita ci sono tutti i giorni competizioni, per cui un sano agonismo è utile a superare tanti ostacoli!
Commento di: Nadia Visitatore
Consolare un Bambino per una sconfitta è la cosa più normale del mondo, per un adulto. Non credo che il paragone con noi stessi possa funzionare. Primo: noi non siamo bambini. Secondo: non è facile che ne stesso convinca me stesso a provare in sentimento invece che un altro. La pendo più come Paolo G. che alla dice che segreto per superare i fallimenti sia quello di dividere la situazione con persone amiche. ma non sempre è possibile purtroppo
Commento di: spiz Visitatore
Buonasera.
Sono in terapia dallo psicologo ormai da mesi e ad oggi mi trovo a comprendere molti lati del mio carattere relativi al “non sopportare la sconfitta”. Dal momento che mi capitava spessissimo (e mi capita ancora) di mettere in atto un forte atteggiamento autocritico e punitivo di fronte ad un mio errore sportivo/universitario/di vita, sono riuscito a far chiarezza su ció prendendo consapevolezza di come si origina inconsciamente questa dinamica: l’idea che ho di me stesso sembra essere influenzata dal contesto in cui mi trovo, come se in funzione delle situazioni che vivo, tanto da risultare fortemente variabile a seconda della soddisfazione o del mancato raggiungimento delle mie aspettative. Per far comprendere meglio, quando commetto un errore la mia mente dice “sei un cretino demente perchè hai agito cosí?”, quando commetto un bel gesto invece minimalizza dicendo “hai fatto il tuo dovere” perchè ancora fossilizzata sull’errore che fa di me uno stupido (a detta mia!). Ad oggi, per me è importante in questi momenti di tensione fermarmi e respirare, fare mindfulness riprendendo contatto con le mie emozioni, incanalarle e sfruttarle positivamente. Solo in questo modo mi alleggerisco, torno a guardare me stesso per quello che sono e non esclusivamente in dipendenza di quello che mi accade, ad apprezzarmi, senza mai smettere di voler migliorare e senza frustarmi e frustrarmi inutilmente. La sconfitta non è un fallimento, bensí è solo rappresentativa di una strategia sbagliata, di una condizione fisica da accrescere oppure, “dura lex sed lex”, della netta superiorità dell’avversario nonostante si sia dato il meglio a disposizione. Quello che sto pian piano cercando di applicare in prima persona è imparare sempre dalle sconfitte, poichè dalle vittorie si impara veramente molto meno. Quando mi sento nervoso e agitato come un mare in tempesta è difficile, ma basta veramente sapersi guardare all’interno e capire perchè si sta reagendo cosí: se ne va l’idea di noi stessi è spiegato l’arcano. Apro un’altra parentesi: giudicarci pesantemente in relazione all’esterno o a ciò che dicono gli altri puó essere veramente nocivo, soprattutto nell’ultimo caso, dal momento che in parecchie situazioni proiettiamo i nostri problemi sui nostri simili. Ció è proprio quello che potrebbe accaderci, conformando una distorta visione di noi stessi sulla base di proiezioni altrui. Morale della favola: darsi del tempo, miglioreremo se lo vorremo, e non essere persone giudicanti (prima che verso gli altri, verso noi stessi).
Commento di: Stevie Visitatore
Permettetemi di essere una voce fuori dal coro, se vivi come nel mio caso, una vita di continue sconfitte, cercando ogni volta di minimizzare e farsi forza per ciò che andrà meglio la prossima volta, non è una presa per i fondelli a se stessi? Perché illudersi che andrà meglio, quando poi il fato ti mette difronte ad altri fallimenti continui? Nella vita per imparare, credo che I fallimenti debbano essere equalivalenti alle vittorie. Una vita di sole sconfitte non porterà mai benefici così come una vita di sole vittorie. Ma forse si entra in un’altra realtà fatta di destini a cui tutti noi siamo sottoposti dalla nascita.
bello,
è molto interessante,sopratutto il consiglio finale. in effetti,mi hanno sempre insegnato che il modo giusto di superare i fallimenti è quello di aumentare l’impegno e le performances, ma, se capisco bene il senso, è sconsigliata l’estremizzazione di questo concetto, che può essere autodistruttivo. Insomma, bisogna consolarsi-
Ma ho un dubbio, una domanda: la compassione verso se stessi non può facilmente cadere in autocommiserazione? insomma piangersi addosso…bruttissimo…tipica mentalità piemontese -
io credo che il segreto per superare i fallimenti sia quello di dividere la situazione con persone amiche. ma non sempre è possibile purtroppo