Gianni è impiegato in un’azienda del settore informatico. Il capo gli ha chiesto di svolgere un lavoro particolarmente ripetitivo e noioso.
Gianni ne sta rimandando lo svolgimento, è passata una settimana e ancora non ha iniziato il compito assegnatogli. Il capo gli chiede un colloquio e Gianni inizia a provare ansia, la sua mente è piena di pensieri: “e se è arrabbiato perchè non ho ancora iniziato? Come posso giustificare la cosa?”
Oggi parlerò dell’abitudine alla procrastinazione, ovvero della tendenza a ritardare volontariamente lo svolgimento di compiti e attività che sappiamo di dover completare.
Come abbiamo visto nell’esempio di Gianni, la procrastinazione è spesso dovuta ad emozioni negative associate all’attività da portare a termine ed è accompagnata da autogiustificazioni come: “ora non è il momento, lo farò quando sarò più tranquillo, lo faccio domani, tanto non c’è fretta”.
La procrastinazione può avvenire in diversi ambiti della nostra vita, sul lavoro, nelle relazioni, nella cura di noi stessi.
Tavolta infatti rimandiamo anche la richiesta di aiuto per una problematica fisica o psicologica, forse perchè abbiamo una concezione negativa del “chiedere aiuto” oppure perchè temiamo che ci vengano date notizie spiacevoli.
In ogni caso non facciamo altro che rimandare un problema che potrebbe diventare più difficile da gestire e urgente in seguito.
Questa considerazione vale per la maggior parte dei problemi che ci troviamo ad affrontare o dei compiti che dobbiamo svolgere.
Un problema o compito non affrontato per tempo tende di solito a diventare più ostico sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo:
• Oggettivo: ad es. non paghiamo una multa per tempo e ci arrivano ulteriori sanzioni per il ritardo; se non contattiamo un cliente al momento giusto potrebbe rivolgersi a un altro fornitore.
• Soggettivo: se evitiamo di telefonare a una persona perchè proviamo disagio, quando penseremo che è ora di chiamarla proveremo ancora più disagio.
Vediamo ora quali sono le motivazioni più diffuse che spingono le persone a procrastinare:
• Eccesso di pianificazione e di perfezionismo. Se rimaniamo troppo sull’analisi e pianificazione di un problema e aspettiamo che le condizioni siano perfette per agire non agiremo mai. In questo caso la persona rimanda il compito o la gestione del problema perchè continua a perfezionare il suo progetto anche se è sufficientemente completo.
• Timore di disturbare le altre persone o del giudizio. Alcune persone hanno l’aspettativa di infastidire le altre persone e questo può portarle a procrastinare i compiti nei quali sia necessaria l'interazione sociale.
• Ricerca di sensazioni forti. Alcune persone sono sempre alla ricerca di emozioni forti e sono attirate dalla sensazione adrenalinica di essere sul filo del rasoio.
Questa modalità di gestire i problemi a lungo termine crea stress psicofisico nella persona e in chi gli sta intorno.
• Noia. Alcune persone hanno una scarsa tolleranza alla frustrazione e cercano di evitare attività particolarmente onerose o ripetitive.
• Ostilità. Procrastinare un certo compito in alcuni casi può essere un messaggio ostile verso chi ce l’ha richiesto, verso chi ne beficierà o verso il compito stesso.
Per affrontare la procrastinazione dobbiamo per prima cosa comprendere quando e come inganniamo noi stessi. Identificare le autogiustificazioni che utilizziamo e le reali motivitazioni per cui ritardiamo un compito ci può essere d' aiuto per modificare il nostro comportamento e le nostre strategie di lavoro.
In alcuni casi sarà utile intervenire non solo sul nostro modo di affrontare i problemi e i compiti ma anche su come gestiamo le nostre emozioni rispetto ad essi.
Dott. Enrico Parpaglione psicologo a Torino